Grazia Marchese
Raccogliere la tradizione orale, le testimonianze e comunque cercare un rapporto positivo con le persone anziane, oltre che rientra tra gli obbiettivi prioritari de La Barcunata, è particolarmente interessante che lo faccia una giovanissima.
Aurora frequenta la IV Ginnasiale del Liceo “Morelli” di Vibo e la sua collaborazione non è nuova, le siamo sinceramente grati per l’ottimo lavoro e da parte nostra non può mancare l’augurio affinché sempre più giovani si avvicinano ed attingano al grande patrimonio dei nonni.
La persona intervistata è la signora Grazia Marchese.
Si, negli ultimi 50 anni il modo di vivere è cambiato profondamente e, anche il modo di intendere i valori, i rapporti umani.
Nel periodo della mia giovinezza, gli uomini lavoravano come contadini, falegnami, fabbri, calzolai, le donne lavoravano a maglia, realizzavano berretti, maglioni ai ferri, sciarpe, calze, a volte aiutavano gli uomini nei lavori agricoli.
Oggi, il ruolo della donna all’interno della famiglia e della società è completamente ribaltato. La donna non rappresenta più l’angelo del focolare, il fulcro intorno al quale si svolge la vita domestica, ma è impegnata, per lo più, in lavori dove la tengono lontana dalla casa e dalla famiglia.
La mia era una famiglia patriarcale, in cui ognuno, gerarchicamente ricopriva un ruolo. Quando alla sera ci si riuniva per mangiare, solo una piccola luce illuminava il tavolo, mentre il capofamiglia si aggiornava sull’andamento della casa. Finito di mangiare, le femmine rammentavano, i maschi programmavano le attività per il giorno successivo.
Ai miei tempi mancava persino il pane. La miseria era tale che molte famiglie si cibavano solo di ortaggi e di erbe selvatiche; la carne si mangiava solo a Carnevale e durante le principali feste religiose. Il vino era un lusso. La frutta, spesso, ha attenuato la fame. Il cibo, quando c’era, non veniva comunque sprecato.
La vita quotidiana dei ragazzi era basata principalmente sul gioco: scorribande in campagna durante la vendemmia o la raccolta delle olive, l’uso di giochi semplici, di giocattoli inventati e troppo spesso solo sognati.
Anche andare a rubare la frutta nei campi era un gioco!
Un ragazzo, però, troppo presto finiva di essere tale e doveva andare a lavorare nei campi, mentre le donne stavano a casa ad accudire i fratelli più piccoli e a ricamare.
La televisione era un miraggio per la mia generazione.
La mia generazione ha vissuto la guerra, la fame, l’emigrazione ma ha conservato intatti i sogni e le speranze.
Il mondo diverso sognato è stato, per anni, quello “americano”. Ed oggi che abbiamo, quasi per intero, raggiunto il “sogno”, ritornano, però, alla memoria giochi e giocattoli, affetti, ricette, cibi, sapori “perduti”.